Uno studio della Tokyo University of the Arts, in collaborazione con il Riken Brain Science Institute, ha svelato il motivo per il quale ci piace ascoltare musica triste.

Nonostante si creda il contrario, pare che evochi sensazioni positive e struggenti. Sicuramente più intense.

Una melodia malinconica non solleva il morale ma permette, attraverso l’arte della musica, un’analisi più profonda del proprio stato d’animo, uno sfogo al dispiacere, l’espressione mediata di quel che si prova.

Per questo ci attrae.

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Rifugiarsi nel dolore

Questi risultati permettono di fare ulteriori riflessioni, sotto un altro punto di vista. Ci fanno capire che abbiamo bisogno evidentemente di rimanere sintonizzati con le emozioni dolorose per prenderne consapevolezza, sfogarle, dare loro considerazione e risolverle.

Per approfondire sé stessi. Dicono che rifuggire gli stati d’animo negativi non permetta di scioglierli.

Che sottrarsi alla tristezza, distrarsene a tutti i costi, non porti benessere.

Perché anche gli stati più torbidi sono messaggi che arrivano dal profondo e ci parlano di quelle parti di noi incompiute, inascoltate.

L’idea comune di dover scansare la tristezza, essere positivi per forza, stampare in faccia un sorriso dalla mattina alla sera ci rende finti e contraffatti. Non realizza la nostra essenza.

Anche se le emozioni positive, il buon umore e l’ottimismo sono gli unici vissuti a godere di buona reputazione a livello sociale, occorre accogliere ed elaborare tutti i sentimenti. Riconoscerne l’importanza.

L’umore, la tonalità di base dell’affettività

Il termine umore, secondo il Dizionario di Psicologia curato dallo psicoanalista Umberto Galimberti, si riferisce alla tonalità di base dell’affettività, cioè l’umore di fondo come caratteristica costante della personalità.

Ma lo stato dell’umore è mutevole, varia da momento a momento.

Vuol dire che fluttuiamo su sentimenti, emozioni, vissuti e mantenersi in equilibrio non significa glissarne alcuni.

Nel nostro assestamento rientra anche il barcollare, il cadere, il rialzarsi. Provare senso di vuoto, smarrimento, sfiducia, rabbia.

In un sotterraneo processo di omeostasi, tendiamo a regolare il nostro stato d’animo tra ciò che avviene fuori e quello che sentiamo dentro, anche se a volte risultiamo irrazionali o spropositati.

Siamo permeabili verso l’esterno e in movimento al nostro interno. In una sorta di tastiera interiore che parte dai toni più cupi della tristezza e arriva alle frequenze più brillanti della gioia, muoviamo la nostra musica profonda.

Inutile opporsi a queste modulazioni spontanee: la nostra energia psichica ha bisogno di fluire in modo libero, svincolata da obblighi tonali.

L’influenza dell’umore su di noi

La scienza ha ampiamente dimostrato che il tono dell’umore influenza i pensieri e i comportamenti, le funzioni vegetative e somatiche.

È uno stimolo potente che sta dietro le nostre scelte. Suggerisce quanto e cosa mangiare, come comportarsi.

È il sentimento con il quale stiamo sulle cose e su di noi. Condiziona il modo in cui reagiamo.

Se siamo depressi ci comportiamo negativamente, in modo energico se ci sentiamo euforici.

Diversi studi hanno mostrato come la percezione di quello che avviene, i pensieri che elaboriamo, la fiducia personale e le decisioni che prendiamo siano influenzati dal nostro umore.

Quando è positivo aumenta la flessibilità cognitiva, siamo in grado di guardare la realtà in un modo nuovo e di risolvere i problemi più facilmente.

Al contrario, se siamo arrabbiati restringiamo i nostri orizzonti mentali.

Eventi particolarmente stressanti e vissuti gravosi, rispetto alle risorse che pensiamo di avere, possono alterare la nostra regolazione affettiva, la capacità di gestire, elaborare, esprimere le emozioni, e ripercuotersi sull’intero equilibrio psicofisico dell’organismo, esponendoci a disturbi psichici e somatici.

Secondo la psichiatria, sbalzi taglienti e continui di umore oppure un abbassamento cronico del tono dell’umore definiscono i disturbi dell’umore, bipolare e depressivo.

Ma una certa altalena emotiva appartiene a tutti. E queste onde, quando non sono gestite bene, ci rendono scontrosi, inaffidabili, intrattabili.

Facendoci fare danni nei rapporti con gli altri, soprattutto col partner. Perché è difficile stare accanto a qualcuno di cattivo umore, ne veniamo contagiati.

Più siamo connessi, più risultiamo coinvolti.

I lunatici disorientano, portano nella relazione messaggi ambigui e contrastanti, creano malintesi, discussioni e liti, rendono tutto precario.

Quando qualcuno molto vicino a noi è irritato, ad esempio, tende a rovesciare la sua rabbia su di noi, cercando di convalidare ciò che sente. Vuole comprensione, sostanzialmente.

Non sempre siamo in grado di avere il controllo su quello che sentiamo, di rimanere critici, di sapere come reagire. È difficile sostenere l’altro e rimanere interiormente intatti.

Forse, in certi momenti è meglio tenere presente che il malumore del partner non è necessariamente colpa nostra, così da non farsi tirare giù.

Non serve sempre capire il motivo per risolvere l’umore nero. Questo vale per l’altro come per noi stessi.

Non fa male del resto avere una giornata storta. Poi passa.

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