I bambini autistici presentano importanti deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale, con una marcata assenza di reciprocità emotiva e di condivisione affettiva.
Non bisogna però dare per scontato l’assunto che un programma riabilitativo per l’autismo basato proprio sulla corporeità e la relazionalità possa contribuire ad incrementare non solo l’intelligenza fluida dei soggetti a questo sottoposti ed il loro livello cognitivo generale, ma anche ridurre la severità stessa del disturbo.
E’ ciò che ha provato sperimentalmente e descritto in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Psychological Reports la Dott.ssa Magda di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio terapie dell’Istituto di Ortofonologia di Roma.
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Il Progetto Tartaruga
Nello specifico l’autrice ha cercato di dimostrare l’efficacia del Progetto Tartaruga, che parte dall’assunto per il quale le componenti affettive e cognitive di cui il bambino fa esperienza sono strettamente interrelate ed il linguaggio e l’intelligenza, così come le competenze emotive e sociali, si acquisiscono attraverso le relazioni e gli scambi affettivi.
Concretamente il progetto, che mira ad attribuire un significato agli atteggiamenti del bambino e a sintonizzare le cure parentali con i suoi bisogni più autentici, si struttura sulla base di una serie di attività ambulatoriali e domiciliari, interventi educativi, sessioni di psicoterapia, psicomotricità e musicoterapia, riabilitazione neurocognitiva e laboratori di natura linguistica.
L’obiettivo è quello di incrementare le abilità di ragionamento fluido dei soggetti a questo sottoposti in base all’assunto per il quale un miglioramento in questo senso potrebbe essere associato ad una riduzione significativa non solo delle eventuali difficoltà cognitive che spesso accompagnano la patologia autistica, ma anche della severità della sintomatologia stessa.
In effetti la ricerca condotta dimostra che i bambini precocemente sottoposti a questo programma di trattamento, quando si approcciano al Test Leiter-R (che fornisce una misura dell’intelligenza fluida, del ragionamento non verbale, delle abilità visive, della memoria spaziale e dell’attenzione), ottengono un punteggio significativamente superiore rispetto a coloro che non hanno usufruito della proposta terapeutica: ciò indica un incremento progressivo del parametro correlato all’intelligenza fluida nel corso del trattamento stesso.
Anche per quanto riguarda le abilità cognitive generali, misurate attraverso il parametro del Quoziente Intellettivo, la ricerca dimostra che questo valore si incrementa in misura rilevante nel corso dei quattro anni di trattamento e che tale crescita appare superiore nei soggetti più piccoli, di età compresa tra i 2,5 ed i 5 anni, rispetto a quelli più grandi.
Sulla base di queste evidenze e delle successive analisi statistiche si può dunque dedurre un intervento basato sulla relazione potrebbe incrementare le competenze cognitive future del bambino e che le abilità di ragionamento fluido possono essere considerate come un buon indice predittivo del futuro sviluppo cognitivo del bambino affetto da autismo, indipendentemente dal livello intellettivo di base e dalla severità della sintomatologia autistica.
Probabilmente il risultato più sorprendente è che l’autrice ravvisa una correlazione significativa anche tra le abilità cognitive generali e la fenomenologia della sindrome autistica.
Sottoposti al test Autism Diagnostic Observation Schedule (che fornisce una valutazione nel merito delle abilità di comunicazione e di interazione sociale, la capacità di utilizzare gli oggetti in modo funzionale, i comportamenti stereotipati e la ristrettezza degli interessi) i bambini che hanno avuto modo di ampliare le proprie competenze cognitive mostrano infatti una netta riduzione della severità del loro disturbo.
Ciò indica che, come è stato provato dalle analisi statistiche, il ragionamento fluido può avere un ruolo di rilievo nel cambiamento della sintomatologia autistica, portando addirittura ad una revisione della diagnosi che potrebbe migrare da un disturbo autistico ad un maggiormente circoscritto spettro autistico oppure dallo spettro autistico ad uno stato non propriamente patologico.
La ricerca dimostra dunque che l’unica variabile in grado di determinare una riduzione della sintomatologia autistica al test ADOS è il parametro dell’intelligenza non condizionata dagli apprendimenti verbali e che in questo processo non hanno alcun tipo di ruolo altre fattori come il sesso, l’età e le condizioni socio-economiche della famiglia di appartenenza.
Questa evidenza appare in linea con il presupposto di base precocemente esplicitato, in base al quale il linguaggio e l’intelligenza, così come le competenze emotive e sociali, si acquisiscono attraverso le relazioni e gli scambi affettivi.
Veronica Tresoldi per Psicologia 24