Noi donne siamo davvero così gelose e competitive l’una con l’altra? Perché così siamo comunemente raccontate, come rivali di serie?

Sempre pronte a gareggiare, litigare, ingelosirsi di un’altra che sembra avere qualcosa che noi non abbiamo.

Ad invidiarla per il fisico asciutto, la misura di reggiseno, il fidanzato, il lavoro, i capelli.

Un confronto giocato soprattutto sull’aspetto: l’altra è più attraente, seducente, magra, giovane, fatta meglio.

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Gelosia e società

Secondo alcune ricerche, anche nel mondo lavorativo la gelosia intrasessuale colpisce maggiormente le donne, sempre per motivi estetici.

Sembra quasi di essere destinate all’insoddisfazione, alla voglia di voler cambiare qualcosa di noi, all’impossibilità di amarci completamente. Ma c’è altro.

Competere e misurarsi, atteggiamenti culturalmente incoraggiati nei maschi, risultano indesiderati nelle femmine.

Non sorprende che gli uomini sappiano rivaleggiare con disinvoltura, vincere come fosse loro diritto.

L’aggressività maschile del resto è accettata, sostenuta, considerata un attributo virile, un tratto che arricchisce carattere, personalità e anche sex appeal.

Le donne invece imparano presto che non è adatto essere combattive e vincere a spese di altri, non devono essere prepotenti. Forse proprio questi aspetti contribuiscono ad insabbiare la gelosia sana trasformandola in qualcosa di più potente. Come l’invidia.

Invidia e competizione

E’ vero che sorelle e sorellastre cattive, madri gelose, dee sospettose e regine nemiche sono figure che comandano nella narrativa popolare e nell’immaginario collettivo.

Miti che ci accompagnano da sempre, che raccontano la psiche femminile connaturata al confronto e all’invidia.

Spontaneamente incline a misurare fascino, peso, sensualità, armadio con le altre. Minacciata da qualsiasi presenza del suo stesso genere, sempre pronta alla svalutazione della rivale – è carina ma antipatica, bella ma fredda, attraente ma volgare.

Bellezza e successo femminili sono concessi alle star, alle dive ma risultano micidiali quando appartengono a qualcuno reale e vicino.

Superficiali interpretazioni di psicologia femminile ci descrivono in ogni caso gelose tra noi. Un po’ streghe nel profondo, invidiose e incapaci di stare in seconda fila, sempre davanti lo specchio a chiedere chi è la più bella del reame.

Alcuni studi sostengono che una donna attraente, rispetto ad una comune, riceve più ostilità e meno sostegno da parte delle altre femmine, soprattutto dalle giovani.

Addirittura è stato scoperto che il livello di testosterone, un ormone implicato nella modulazione del comportamento aggressivo, sale inconsapevolmente nelle donne quando odorano magliette indossate da giovani ragazze nel periodo dell’ovulazione.

Ci appartiene una biologia ancestrale un po’ povera di contenuti, evidentemente. E a volte ci comportiamo in effetti come concorrenti in un’arena.

Facciamo nostri certi modi di vedere, critichiamo altre donne se si mostrano sessualmente disponibili, le consideriamo facili, come se ci togliessero spazio, rubassero le attenzioni maschili.

Spesso, dobbiamo ammetterlo, siamo noi stesse le principali interpreti di norme rigide, discriminanti e talvolta crudeli riguardanti il comportamento e l’aspetto femminile.

Collaborare anziché lottare

Ma rifiutiamoci di pensare che la gelosia faccia parte del nostro programma genetico o sia patrimonio della cultura umana.

Lo spietato sospetto femminile deriva spesso dall’interiorizzazione dello sguardo maschile, del vederci in primo luogo come oggetti sessuali, valutarci sulla base dell’essere appetibili sessualmente, facendo passare la nostra realizzazione e identità attraverso questi concetti.

Spesso siamo scollate dall’interiorità e rivolgiamo l’attenzione fuori piuttosto che dentro di noi.

Non attiviamo il nostro potere personale, non promuoviamo noi stesse ma ci perdiamo nei confronti sbiadendo sicurezza, coraggio, individualità.

Chi si sente più fiducioso in se stesso è meno vulnerabile al successo e alla bellezza degli altri.

E comunque non ci sono solo mele avvelenate tra donne. Sono frequenti anche scambi di grande solidarietà, come la storia e la vita quotidiana ci insegnano.

Molte volte si crea una sorellanza consapevole e solidale che ha ben poco di impulsi primitivi e distruttivi.

Forse dovremmo abbattere la reputazione di donne gelose. Mettere al rogo la strega cattiva spesso additata proprio da altre donne, dimenticare le storie tinte solo di invidia femminile.

E concentrarci sulle nostre eccezionali capacità di collaborazione, vicinanza, sensibilità.

Sentirci meno in colpa di avere successo, riuscire, conquistare. Tenersi meno verso il basso.

E non basarsi sull’approvazione degli altri per sentirsi bene.

Brunella Gasperini per Psicologia24