Fammi invecchiare è il suggestivo titolo di una recente campagna di Save the Children.
Nel manifesto un bambino africano ci guarda e chiede di farlo invecchiare, di avere cioè la possibilità di vivere a lungo e in modo dignitoso, ricordandoci come anche solo crescere in molte parti del mondo purtroppo non sia scontato.
Una richiesta, un appello che, scollato dalla triste realtà a cui si riferisce, potrebbe essere preso in prestito con significati diversi anche nella nostra società, dove invece invecchiare è vissuto con timore.
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Le donne e l’età
In modo particolare dalle donne. Questa frase potrebbe allora diventare il loro slogan per rivendicare il diritto di avanzare negli anni con libertà, senza preconcetti e stereotipi:
Fammi invecchiare, permettimi di vivere i miei anni, di esibirli senza paura e imbarazzo.
Di fare in modo che l’ansia non mi assalga scoprendo il mio corpo segnato dal tempo.
Di non spaventarmi di fronte a rughe, grigiori, macchie, crolli.
Fai in modo che non mi senta impaurita di cambiare, di perdere la muta della gioventù per infilarmi nella maturità.
Di non pensare che il mio fascino venga dirottato chissà dove da Madre Natura al compimento di qualche decina di anni in più.
Di rendermi libera dal giudizio che mi sento addosso ogni volta che apro una rivista, accendo uno schermo, passeggio per strada.
Di rifiutare quei messaggi minacciosi sull’importanza di rimanere giovane e bella perché invecchiare vuol dire appassire irrimediabilmente.
Di non dovermi nascondere dietro travestimenti per rimandare il presente, vivendo dietro una maschera di bellezza.
Di rendermi libera dall’illusione della gioventù, di non cercare approvazione negli altri per convalidare questa illusione.
Di sentirmi bella per qualcosa che ho fatto, realizzato, sentito, vissuto, visto, provato, non solo per la taglia o la tonicità della mia pelle.
Di pensare alla bellezza come qualcosa che non ha bisogno del chirurgo plastico ma di lifting interiori volti all’autoconsapevolezza, accettazione, flessibilità.
Di diventare sorda di fronte a quel coro vociante che ripete la strofa sei vecchia, brutta, grassa e inutile.
Di disintossicarmi dall’idea che la gioventù sia l’unico momento di felicità.
Di disertare le fantasie dei maschi, aspirando a rimanere sexy e provocante, appetibile secondo il loro occhio.
Di non interpretare la mia anima sulla base della sessualità, delle mestruazioni e della menopausa, come se la fine della fertilità fosse sinonimo di inutilità e il mio valore in quanto donna legato al mio sistema riproduttivo.
Di non farmi raggirare dalla fase di sessismo che ancora mi attende, quella dove il corpo femminile è invisibile, discriminato, da occultare come oggetto di vergogna.
Di non credere che le cinquantenni di oggi sono le trentenni di ieri, pensando di essere sempre in auge, in pista, in mezzo, rivendicando sex appeal e dinamismo, conformandomi così alle aspettative banali sulle donne mature.
Di abbandonare il controllo assillante del mio aspetto.
Di non entrare nella pienezza degli anni in punta di piedi, con vergogna e ansia ma pensarmi invece rilevante, tonica interiormente, capace di intervenire in modo significativo nel mondo.
Di non essere condannata a cancellare la parte di vita che mi attende, calibrandola su ciò che è stato e non è più.
Di ristrutturarmi sulle possibilità e non solo sulle perdite.
Di esistere e avere valore anche se segnata, appesantita, passata di moda.
Di avere diritto all’amore e ai sentimenti, di non essere ridicolizzata per le mie passioni.
Fammi invecchiare riprogettandomi sulla base di quello che oggi so di me stessa, sulle risposte che so darmi e posso avere dalle persone che ho scelto di avere nella mia vita.
Pensando che gli anni possono regalarmi soddisfazione, meno solitudine e più apprezzamento da parte degli altri, se lo permetto.
Concentrandomi sui segni interiori del tempo invece che su quelli apparenti.
Rivalutando la forza psicologica di cui adesso sono dotata, i punti di forza della mia identità, le risorse emotive che mi aiuteranno nei cambiamenti, nelle perdite, nelle crisi, nelle difficoltà.
Sentendomi energica per la forza relazionale di cui dispongo in questo momento, i rapporti stretti che ho costruito, la fiducia, l’empatia, l’ascolto e la cura che posso scambiare con chi mi è vicino.
Fammi invecchiare avanzando con stabilità, familiarizzando con quel senso crescente di vulnerabilità, imparando a sentirmi precaria.
Appropriandomi di materie prime per questa età invece di vedere solo mancanze, privazioni, debolezze.
Stando comoda nella tristezza e nella nostalgia, acquisendo una diversa prospettiva di me stessa più aperta, flessibile, alleggerita da schemi mentali che non servono più.
Guardando in faccia il mio disagio, arrivando a questa nuova dimensione leggera e curiosa. Vissuta ma pronta.
Permettimi di invecchiare con naturalezza.
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