Torniamo con l’immaginazione indietro di qualche anno.

Ci troviamo tra i banchi di scuola e la prof. di matematica annuncia la verifica imminente. Ci voltiamo ad osservare le reazioni dei nostri compagni di classe. C’è il sicuro di sé che sogghigna divertito, lui non ha mica bisogno di studiare per passare gli esami!

Accanto siede, in posizione strategica, colui che è solito barattare la propria merenda con la garanzia di poter copiare il compito dal vicino. Tra le prime file c’è invece un nostro amico che, con militare disciplina, organizza un rigido piano di studi, e in ultima fila qualcuno si dispiace che la data del compito sia stata fissata proprio il giorno in cui progettava di andare al mare.

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Gli stili di attribuzione

Da cosa dipendono reazioni così diverse?

I fattori in gioco sono molti e complessi, ma un ruolo determinante è giocato da uno schema psicologico che si acquisisce durante la fase evolutiva e che può influenzare l’intero corso della vita: si tratta di ciò che in psicologia viene definito stile di attribuzione, cioè la percezione soggettiva di controllo sugli eventi.

In altre parole, come teorizzato dallo psicologo Fritz Heider nel 1958, si tratta dell’attribuzione causale degli eventi a fattori che dipendono o meno dal nostro controllo.

Per tornare al nostro esempio, gli studenti che ritengono di poter passare la verifica grazie al loro impegno o alla loro abilità hanno un locus of control interno (percepiscono di avere il controllo sul risultato raggiungibile), invece gli studenti che ritengono di poter passare la verifica solo se si verificheranno determinate condizioni esterne (il compagno ci farà copiare, oppure il compito sarà particolarmente facile) hanno un locus of control esterno (percepiscono di avere poco controllo sul risultato raggiungibile).

Percepire di avere un buon controllo sull’esito degli eventi ci sprona a impegnarci e a persistere nel compito in casi di difficoltà, tuttavia non sempre uno stile attributivo interno è sinonimo di stile attributivo funzionale al raggiungimento dei nostri obiettivi e al nostro benessere.

Continuando con il nostro esempio, vediamo di capire meglio come funzionano gli stili attributivi.
Supponiamo che tutti abbiano passato la verifica, cosa penseranno i nostri compagni di classe?

L’amico che si è impegnato a studiare con solerzia sarà molto soddisfatto di sé, in lui si rinforzerà la credenza che impegnandosi si ottengono buoni risultati e se ciò verrà provato anche in altre circostanze lo schema verrà cristallizzato e generalizzato per essere adottato in varie situazioni (se mi impegno posso raggiungere risultati positivi).

Il compagno di classe che non si è preparato, perché lui è abile nella disciplina, rinforzerà la fiducia in sé stesso e l’immagine positiva di sé, tuttavia potrebbe acquisire lo schema che la bravura è qualcosa che si ha o non si ha in toto e potrebbe sottovalutare l’importanza dell’impegno costante nel raggiungimento di buoni risultati anche in aree in cui si è un po’ carenti.

Di contro, chi attribuisce il superamento dell’esame a fattori esterni, non solo tenderà ad avere sempre meno fiducia nelle proprie capacità, ma potrebbe acquisire schemi cognitivo-comportamentali disfunzionali che rischiano di essere generalizzati e adottati durante tutta la vita, sintetizzabili nelle credenze: senza l’aiuto degli altri non riesco a far nulla; il successo dipende solo dalla fortuna; davanti ai problemi meglio scappare.

Proseguendo con il nostro esempio, immaginiamo adesso che il compito sia andato male e vediamo in che modo gli stili attributivi possono enfatizzare o smorzare le reazioni emotive e strutturare le credenze.

L’amico che si è impegnato molto nello studio, in seguito ad un risultato negativo, potrebbe sperimentare senso di colpa e vergogna. L’insuccesso potrebbe essere attribuito a impegno insufficiente oppure, soprattutto nel caso in cui l’evento si ripeta, ad una caratteristica personale interna e stabile (non sono abbastanza intelligente).

Anche lo studente abile potrebbe sperimentare vergogna, per lui l’insuccesso è un duro colpo all’autostima che in alcuni casi potrebbe sfociare in atteggiamento apatico e depresso.

Nel caso in cui gli insuccessi si verifichino ripetutamente, la loro attribuzione a caratteristiche interne stabili (non sono in grado di impegnarmi abbastanza, non sono intelligente) potrebbe portare all’impotenza appresa (è inutile provare, tanto non ce la faccio).

Nei casi di insuccesso, quindi, sarà emotivamente meno danneggiato lo studente che avrà attribuito il fallimento a circostanze esterne: se il compito era troppo difficile non è colpa mia!

È chiaro che uno stile attributivo sarà tanto più funzionale quanto maggiormente in grado di agganciarsi a buone capacità di lettura della realtà e di analisi, una certa dose di flessibilità è necessaria, poiché attribuire il successo o l’insuccesso esclusivamente a cause interne o esterne porta ad avere schemi mentali e comportamenti disfunzionali.

Nell’acquisire uno stile attributivo funzionale un ruolo fondamentale è giocato dalla famiglia e dalla scuola che nella fase evolutiva contribuiscono alla formazione degli schemi mentali.

Ad esempio, la concezione dell’intelligenza come entità stabile e non modificabile porta l’insegnante ad attribuire l’insuccesso dello studente a mancanza di abilità, mentre una concezione dell’intelligenza di tipo incrementale (puoi sempre migliorare) porta ad attribuire l’insuccesso a scarso impegno.

L’esposizione del giovane ad una visione o all’altra giocherà un ruolo importante nel determinare il suo approccio alle sfide scolastiche e della vita.

Per illustrare il concetto abbiamo utilizzato l’esempio della verifica di matematica, ma chiariamo che l’acquisizione di uno stile attributivo dipende sia dalle esperienze scolastiche in tutte le discipline, sia dalle esperienze extra-scolastiche.

Essere consapevoli del proprio stile attributivo ed essere disposti a modificarlo nel caso in cui si mostri disfunzionale al raggiungimento dei propri obiettivi e al proprio benessere psicologico è qualcosa che può cambiare il corso dell’intera esistenza.

Gli studi di settore dimostrano che gli stili attributivi possono essere insegnati e modificati attraverso l’utilizzo di particolari metodologie meta-cognitive o il ricorso a programmi di potenziamento strutturati.