È quel luogo virtuale nel quale ci sentiamo comodi, a nostro agio. Al sicuro.
Dove tutto ci è familiare, dove regnano le consuetudini e niente ci sorprende e ci spaventa.
Un insieme di abitudini mentali che calzano comode.
È il nostro stato naturale, neutro, confortevole, nel quale stress e ansia sono al minimo, perché sappiamo quello che accade e possiamo muoverci disinvolti, pianificare senza imprevisti. È la nostra tana.
Ti può interessare anche: Ritrovare le nostre passioni, per sentirci vivi
Una comoda cella dorata
Ci sono sempre tante scuse per rimanervi accomodati, per non mettere la testa fuori.
È il rifugio dove ci barrichiamo perseguendo le stesse convinzioni, idee, banalità.
È una dimensione interiore, il nostro quartiere mentale.
Una cella perfetta, anche.
Quando ci limita e fa vedere ogni cambiamento, o ciò che è sconosciuto, come possibile pericolo.
La zona di comfort non è uno spazio reale ma un costrutto psicologico, emozionale, comportamentale che definisce la routine della nostra vita quotidiana.
Il termine fa riferimento agli indici di comfort termico, la temperatura alla quale il nostro organismo è più comodo e non sente né caldo né freddo. Psicologicamente vuol dire sentirsi a casa.
La scienza spiega che in uno stato di relativo benessere otteniamo un livello di prestazione costante.
La comodità tende cioè a farci fare il minimo indispensabile, ci fa disinteressare a nuove cose, non ci induce a niente di straordinario.
Per brillare, invece, abbiamo bisogno di uno stato di ansia ottimale, di adrenalina leggermente superiore al normale.
Anche se lo stress non gode di buona reputazione, un po’ di sforzo fa bene e motiva ad agire.
Se però l’ansia continua a salire, la prestazione crolla bruscamente, possiamo andare in tilt. Non bisogna, quindi, spingersi troppo in là.
Siamo solitamente riluttanti a uscire dalla zona di comfort. È così pratica e familiare.
Conosciamo i pensieri e i sentimenti che circolano, sappiamo il tipo di vita che si conduce.
A volte ci annoiamo, ma rimaniamo lo stesso, perché quello che sta fuori lo immaginiamo peggio.
Ci blocchiamo perché ci sentiamo vulnerabili, impauriti. Abbiamo paura di fallire e farci male.
Senza sapere che restare, senza muoverci, ci rende poi scoraggiati e depressi, senza entusiasmo, insoddisfatti.
Il comfort della consuetudine
Siamo nella zona confortevole anche quando non riusciamo a trovare via d’uscita dai modelli che ci portano a scegliere sempre partner sbagliati. Ad infilarci nelle stesse storie.
Anche una relazione dolorosa funziona da comfort zone nella misura in cui tutto è prevedibile e abbiamo familiarizzato con certi meccanismi, oppure siamo tranquilli di non dover andare oltre.
La comfort zone è in realtà una area interiore più che comoda perché ripresenta sempre le stesse idee, il nostro passato, i vecchi pensieri e affetti.
Abbandonarla vuol dire comprendere meglio chi siamo e ciò che vogliamo.
Confrontarsi con il nuovo, il diverso, lo sconosciuto al di là della bolla delle proprie convinzioni, idee, sentimenti, significa espandere i propri confini, le esperienze, la conoscenza di sé.
Dovremmo prendere consapevolezza della nostra zona di comfort e di quanto rimanervi attaccati possa limitare la nostra realizzazione.
Perché non possiamo evolvere, trovare spunti per la realizzazione, senza avventurarci fuori dalla nostra rete di sicurezza.
Uscire dalla zona comoda vuol dire metterci dentro qualcosa di diverso, modificare questo setting.
Cambiare un’abitudine, una convinzione, fare qualcosa in altro modo. Spezzare vecchi modelli di pensiero.
Provare cose nuove aiuta a pensare alle vecchie ricollocandole in contesti di significato differenti. Ogni cambiamento, anche piccolo, stimola attività cerebrali sviluppando connessioni diverse tra neuroni.
Quando proviamo ad uscire dal comfort personale spesso affiora l’insicurezza, ci sentiamo strani. Troviamo resistenze.
Ma il disagio di dover trasformare qualcosa deve diventare nostro alleato, e l’ansia un segnale di crescita, perché sentirsi a proprio agio, a volte, vuol dire rimanere bloccati.
Il benessere oltre la comfort zone
Spingere i propri limiti è un po’ come allungare sé stessi, fare streching a livello psicologico per scoprire le proprie possibilità e risorse.
Senza bisogno di compiere nulla di straordinario, di estremo, possiamo stimolare esperienze, allontanarci da ciò che è familiare, appropriarci di idee originali.
Cambiare frasario per raccontare le cose e introdurre ogni giorno una cosa mai fatta. Raggiungere gli stessi obiettivi attraverso strade diverse.
Imparare a fare cose che non avremmo mai pensato, muoverci in contesti estranei. Che pian piano diventano familiari e possiamo ripercorrere.
Scoprendo cosa siamo in grado di fare e di essere. Allargando il cerchio, cresciamo un po’.
Le nostre zone di comfort tendono a rimpicciolirsi con l’età, relegandoci in cerchie sempre più strette, tuttavia, sostenere nel tempo un costante ritmo di apprendimento ci permette di continuare a evolvere.
Come dimostrato da uno studio del 2013 condotto all’Università del Texas l’apprendimento di cose nuove, insieme al mantenimento di una forte rete sociale, favorisce il benessere dell’individuo.
Abbracciare le sfide può quindi essere un modo per avanzare meglio negli anni.
Brunella Gasperini per Psicologia24