Gli studi sul cervello condotti negli ultimi anni dalla Dottoressa Christina Gremel della University of California San Diego e dal suo team internazionale di ricercatori costituiscono una conquista importante per la comprensione delle strutture e dei processi neuronali alla base del comportamento abituale, e fanno luce sui meccanismi coinvolti in patologie quali il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e la dipendenza da sostanze.

Le scoperte della dottoressa Gremel aprono la strada a trattamenti nuovi di tipo sia farmacologico che psicoterapico.

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Comportamento e risparmio cognitivo

I ricercatori si sono focalizzati sullo studio delle strutture e dei processi neuronali alla base della capacità del cervello di funzionare in maniera diversa in relazione al tipo di comportamento da mettere in atto, nello specifico in base all’abitudinarietà o meno del comportamento.

Riusciamo a svolgere le azioni abitudinarie in maniera veloce ed efficiente poiché il cervello adotta una modalità di risparmio cognitivo, cioè limita al minimo processi cognitivi quali: attenzione, pianificazione, valutazione, etc.

Funzioniamo in modalità di risparmio cognitivo quando percorriamo il percorso abituale da casa al luogo di lavoro; tuttavia, se questo è interrotto e dobbiamo velocemente riprogrammare il tragitto abbiamo bisogno di ingenti risorse cognitive che ci consentano di prestare attenzione alla situazione, valutare il percorso alternativo più breve, pianificare gli spostamenti, e raggiungere la meta.

La capacità di alternare le due modalità cognitive in relazione alle specifiche situazioni è fondamentale. Una seria compromissione di questa abilità può avere effetti devastanti.

Cosa accade nelle persone con DOC

Soggetti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo o con forti dipendenze non riescono a controllare l’insorgere di pensieri ossessivi o l’attuazione di comportamenti patologici,  i quali s’innescano – esattamente come un’abitudine – in modalità di risparmio cognitivo, senza che funzioni cognitive di ordine superiore siano in grado di intervenire per porre un freno.

In una prima fase degli studi condotti dalla dottoressa Gremel e dal suo team di ricercatori è stato dimostrato che nei topi da laboratorio i neuroni della corteccia orbito-frontale se stimolati attraverso tecniche ad hoc – nello specifico attraverso l’uso dell’optogenetica – aumentano la capacità degli animali di bloccare i comportamenti abitudinari e di agire in maniera pianificata.

Di contro, quando l’attività di questi neuroni veniva ridotta tramite un approccio chimico i comportamenti abitudinari prendevano il sopravvento e il topo posto all’interno del labirinto, nonostante alla fine del percorso abituale non trovasse più il cibo, percorreva on repeat lo stesso tragitto fallimentare, senza sperimentare nuove soluzioni.

L’abitudine prende il sopravvento quando la corteccia orbito-frontale è messa a tacere ha commentato la dottoressa Gremel.

In un altro studio condotto recentemente dallo stesso team di ricercatori, e pubblicato sulla rivista scientifica Neuron, è stato testato il ruolo di una classe specifica di lipidi bioattivi – gli endocannabinoidi – nel determinare il prevalere di una modalità di comportamento abitudinaria o meno.

Gli endocannabinoidi sono una classe di sostanze chimiche prodotte naturalmente negli esseri umani e negli animali. I recettori degli endocannabinoidi si trovano lungo tutto il corpo e nel cervello, e il sistema endocannabinoide è implicato in una varietà di processi fisiologici – tra cui l’appetito, la sensazione di dolore, l’umore e la memoria. È anche il sistema che media gli effetti psicoattivi della cannabis.

I topi in cui veniva neutralizzato un recettore degli endocannabinoidi, nel sentiero neuronale che va dalla corteccia orbito-frontale allo striato dorso mediale, non acquisivano comportamenti abitudinari.

Questi topi, anche dopo aver percorso lo stesso tragitto numerose volte, non acquisivano l’automatizzazione tipica del comportamento abitudinario.

Sebbene le strutture e i processi neuronali implicati nella formazione delle abitudini siano innumerevoli e non ancora del tutto noti agli scienziati, le ricerche della dottoressa Gremel e del suo team dimostrano che la corteccia orbito-frontale e gli endocannabinoidi hanno un ruolo importante nel determinare il nostro comportamento.

Inoltre, lo studio costituisce la prova finora più importante del fatto che le due modalità cognitive, e i meccanismi neuronali ad esse sottostanti, siano in competizione tra loro per il controllo delle nostre azioni.

Serena Firera per Psicologia 24