Marta e Luca vengono da me.
Mi dicono entrambi che sono ai ferri corti, che hanno problemi irrisolvibili e che, nonostante si amino ancora, se non riusciranno a risolverli non vedono altra via che la separazione.
Raccolgo qualche informazione e poi chiedo a Luca di uscire.
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Il punto di vista di Marta
A quel punto Marta mi racconta tutta la storia:
Fin da quando ci siamo conosciuti ho capito quanto Luca fosse dolce e gentile, il ragazzo che avevo sempre cercato e mai trovato. Ero al settimo cielo quando ci fidanzammo, non potevo crederci.
Però notai subito una cosa: era molto chiuso. Credevo che avesse bisogno di tempo, di conoscermi, di fidarsi di me, così diedi il massimo: ero vicina, propositiva, coinvolgente. Organizzavo uscite sempre nuove, diverse e stimolanti.
Luca non ha mai detto di no, però continuava a rimanere introverso, poco coinvolto.
Tuttavia non posso dire che il nostro rapporto fosse infelice, così, dopo tre anni andammo a vivere insieme.
Ero sicura che le cose sarebbero cambiate, invece fu un disastro: Luca si ritirò ancora di più in se stesso.
Quando proponevo, lui rispondeva un ‘Sì’ poco convinto, quasi gli pesasse. Allora cercavo di spronarlo, gli chiedevo cosa volesse fare, sondavo i suoi interessi, cercavo di entrargli in testa… ma niente, non c’è stato modo di smuoverlo.
Pensavo non mi desiderasse, ma perché sarebbe venuto a vivere con me, allora? E poi stiamo davvero bene insieme: ci rispettiamo, andiamo d’accordo. Ma allora perché è così chiuso e ritirato?
Più cerco di spronarlo, meno interagisce, meno prende iniziative, meno si lascia coinvolgere.
Lo amo, ma non posso continuare così.
Ascoltai senza dire nulla e alla fine la ringraziai e le chiesi di uscire, facendo entrare Luca.
Il punto di vista di Luca
Il quale cominciò con un inaspettato fiume di parole:
Amo Marta, mi creda: è dolce, premurosa, una donna piena di idee. Forse anche troppe.
Io sono più orso, però mi diverto tutte le volte che organizza qualcosa. Solo che… a volte vorrei un po’ di tranquillità, di calma. Io sono un diesel: ci metto un po’ a partire.
Marta è un razzo. Fin da quando ci siamo conosciuti aveva un sacco di idee, organizzava un sacco di gite.
All’inizio mi piaceva: questa ragazza così estroversa e carica di energie compensava il mio lato pantofolaio.
Piano piano, però, sentii il bisogno di trovare dei ritmi più vicini ai miei. Non dico che dovevamo stare tutti i weekend a casa, ma nemmeno fare un’avventura ognuno di essi!
Ho cercato di farglielo capire, ma niente: più aumentava il suo entusiasmo, più mi sentivo demoralizzato.
Quando siamo andati a vivere insieme ho pensato che i ritmi si sarebbero calmierati: d’altronde, a quel punto, ci saremmo visti tutti i giorni.
Pensa che sia andata così? Neanche per sogno, è andata peggio.
Sta sempre lì a dirmi: “Vuoi fare questo? Vuoi fare quello? Andiamo di qua? Andiamo di là? Ma che hai? Perché hai sempre quel muso? Perché non rispondi?”.
Io ho ‘quel muso’ perché sto cercando di dirle: “Vai piano! Mi piace fare cose con te ma… con calma!”, ma lei non sembra capire, anzi, addirittura aumenta la dose.
Amo Marta, ma se le cose continuano così io proprio non riesco a vedere un futuro tra noi.
Questione di punteggiatura
Un’immagine che vidi tempo fa recava scritte due frasi: Vado a mangiare nonna e Vado a mangiare, nonna.
Accanto, una terza frase esplicativa diceva: Una virgola può salvare una vita. Usa la punteggiatura, salva la nonna.
E se la punteggiatura potesse salvare Marta e Luca?
È possibile che un’interazione possa essere punteggiata, e quindi letta in modo diverso?
Lungo una strada interurbana, pochi chilometri prima di una rinomata osteria, il cartello pubblicitario di quest’ultima reclamava: Guida poco, che devi bere. Invertendo l’ordine degli addendi, il risultato… cambia.
Così, ascoltando Marta potremmo riassumere il suo racconto nella frase: Più lo cerco, più lui si ritira; mentre ascoltando Luca raccontare la stessa storia, il riassunto sarebbe: Più mi ritiro, più lei mi cerca.
Stessa situazione, diversa punteggiatura.
Tanto che gli studiosi della comunicazione umana decretarono che questo è un vero e proprio assioma, il terzo: la punteggiatura della sequenza degli eventi.
La quale, a seconda di come la si pone, cambia il significato degli eventi stessi: la nonna viene salvata o mangiata.
Paul Watzlawick notò che questo discorso è talmente universale da poter essere allargato persino alla comprensione delle dinamiche tra nazioni.
In piena Guerra Fredda, osservò che più gli Stati Uniti si armavano per scopi difensivi, più questo veniva visto dall’Unione Sovietica come una ragione per armarsi a sua volta; comportamento che gli Stati Uniti interpretavano come conferma che facevano bene ad armarsi e che, anzi, dovevano farlo ancora di più, cosa che a sua volta incrementava gli sforzi dell’Unione Sovietica; e così via in un gioco senza fine dove ognuno dei due poteva sostenere che: Più lui si arma, più io devo armarmi.
D’altronde se non ci si chiarisce che possibilità si hanno di capire l’errore di punteggiatura?
Sempre Watzlawick ricorda di un suo amico che, il primo giorno di convivenza, dopo la luna di miele, si trovò la colazione preparata con latte e cereali. Lui odiava i cereali.
Ma per non offendere la moglie li mangiò tutti. Sedici anni dopo mangiava ancora cereali ogni mattina.
Pascal, nei suoi Pensieri, sostenne che pochi sono disposti ad affermare che la propria prospettiva è sbagliata, ma quasi tutti ammetteranno che ci sono altri modi di vedere le cose.
Questo ci ricorda che, appunto, le cose possono essere viste in modi diversi, i quali generano diversi comportamenti.
Condividere le prospettive è un primo passo, ma non sempre è possibile.
In questi casi può essere allora necessario un disarmo unilaterale: una delle due nazioni deve smettere di armarsi.
La soluzione al problema
Così a Marta, quella dei due con cui era più facile lavorare, data la sua espansività ed energia, dissi:
Tutte le volte che lo insegui, lui scappa; tutte le volte che lo stimoli, lui si ritira.
Fai questa prova: per quindici giorni cessa qualunque tentativo di inseguimento.
Niente telefonate quand’è al lavoro, niente proposte per il weekend, niente domande volte a stimolare una risposta.
Parlate, chiacchierate, discorrete, ma bada bene di non inseguirlo né spronarlo per quindici giorni.
Marta fu un po’ sorpresa e insicura, temendo che così le cose sarebbero addirittura peggiorate e che lui si sarebbe definitivamente rinchiuso in un bozzolo; convenne però che quanto aveva fatto fino ad allora non li aveva portati da nessuna parte, quindi accettò.
Quindici giorni dopo tornò con un sorriso soddisfatto. Quando la vidi da sola, mi raccontò:
Ho fatto come ha detto, e… Non so se Luca si è accorto che ho modificato il mio comportamento, fatto sta che dopo un po’ si è avvicinato sempre di più: fisicamente ed emotivamente, intendo.
Io l’ho lasciato fare, ovviamente, però non ho ripreso a spronarlo e a proporre cose. Così, il primo sabato non abbiamo fatto nulla, ma domenica pomeriggio è stato lui a proporre una passeggiata, che io ho accettato ben volentieri.
Naturalmente ho continuato come lei mi aveva detto, e lo scorso weekend ha proposto lui (lui!) una gita fuori città: nemmeno ricordo quand’è stata l’ultima volta!
E poi, non mi chieda perché, è diventato anche più affettuoso, fa più coccole di sua spontanea volontà. Il mio Luca!.
Luca, naturalmente, raccontò la sua versione:
Non so cosa sia successo, dottore, però ora Marta è più… tranquilla.
Sento che possiamo fare tutto, ma con i tempi e i modi giusti. Non sento più che devo… fare, fare, fare, se capisce cosa intendo.
Ho preso anche qualche iniziativa e pare che a lei vada bene. Mi piace quello che stiamo facendo insieme, è quasi una nuova coppia, la nostra.
Parafrasando Marcel Proust, a volte dobbiamo semplicemente vedere ciò che abbiamo di fronte con nuovi occhi – e agire di conseguenza.
Flavio Cannistrà per Psicologia24