L’ipnosi è stata spesso oggetto di controversie all’interno della comunità scientifica.
Oggi la maggior parte dei clinici la ritiene una tecnica terapeutica efficace per la cura di una vasta gamma di condizioni mediche, tra cui il dolore cronico, l’ansia e i disturbi dell’umore.
L’ipnosi è utilizzata inoltre per modificare alcune abitudini malsane, come ad esempio la dipendenza da nicotina.
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Ipnosi e cervello
Non tutte le persone sono però ugualmente ipnotizzabili: in media il 10% degli individui è altamente sensibile all’ipnosi, mentre il restante 90% si divide tra chi lo è in maniera più blanda e chi non lo è affatto.
Studi scientifici hanno evidenziato che individui con connessioni più forti tra i neuroni del sistema esecutivo centrale e del salience network, un circuito neurale che contribuisce ad una varietà di funzioni cerebrali complesse quali la comunicazione, il comportamento sociale e l’autoconsapevolezza, possono essere ipnotizzati più facilmente.
Lo stato ipnotico sembra inoltre associato con una ridotta attività del default mode network, rete neurale che si attiva in automatico quando la persona non è impegnata in un’attività o concentrata su elementi del mondo esterno.
Uno studio con risonanza magnetica
Un team di ricercatori della Scuola di Medicina della Stanford University ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale per vedere cosa accade nel cervello delle persone mentre sono in stato di trance.
Lo studio guidato dal Prof. David Spiegel, esperto di psichiatria e scienze comportamentali, rappresenta il primo tentativo di comprensione dei sistemi neurali dell’ipnosi.
I risultati, pubblicati lo scorso luglio sulla rivista scientifica Cerebral Cortex, hanno evidenziato tre condizioni principali associate con lo stato ipnotico:
- Ridotta attività dei neuroni della corteccia cingolata anteriore dorsale, parte del salience network, che causa la focalizzazione dell’attenzione prevalentemente sul proprio stato interno.
- Maggiori connessioni tra la corteccia prefrontale dorsolaterale e la corteccia insulare. Il Prof. Spiegel ha descritto questa associazione come una connessione cervello-corpo che rende possibile processare e controllare le informazioni riguardanti il corpo.
- Minori connessioni tra la corteccia prefrontale dorsolaterale e la corteccia cingolata posteriore, che causa la disconnessione tra azioni e consapevolezza. Secondo Spiegel, infatti, quando si è veramente presi da qualcosa, non si pensa a ciò che si sta facendo, lo si fa e basta. Durante l’ipnosi questa disconnessione tra azioni e consapevolezza permette alla persona di intraprendere attività suggerite dal clinico o dal proprio intuito senza l’impiego di ingenti risorse cognitive.
Le nuove scoperte sui circuiti neuronali dell’ipnosi sono di fondamentale importanza per la comprensione del funzionamento generale del cervello e potrebbero condurre in futuro alla sperimentazione di trattamenti specifici rivolti a soggetti non ipnotizzabili.
Il Prof. Spiegel sostiene infatti che è interessante l’idea di poter cambiare la predisposizione delle persone ad essere ipnotizzate attraverso la stimolazione di alcune aree cerebrali, al fine di migliorare gli effetti analgesici dell’ipnosi e potenzialmente sostituire antidolorifici e farmaci contro l’ansia che hanno effetti collaterali importanti.
Ulteriori ricerche sono tuttavia necessarie prima che una terapia di questo tipo possa essere implementata.