Innamorarsi è tra le esperienze più dirompenti, totalizzanti e meravigliose, ma a volte anche deprimenti e tristissime, della nostra vita.

È qualcosa che ci porta in dimensioni nuove, che ancora non conosciamo di noi stessi.

Che non può essere controllato o guarito, ci fa diventare un po’ pazzi, stupidi, forse solo più divertenti.

Intensamente vivi. Carichi di energia. Pronti ad esprimersi, espandersi, aumentare le nostre capacità.

Posseduti da una passione irrefrenabile. Dall’altro. Tirati verso emozioni incontrollabili e travolgenti.

Fissati anche, monotematici. Incantati, ansiosi, pesanti. Angosciati e disperati, a volte.

In uno stato di coscienza alterato, siamo disturbati dal punto di vista psicologico.

In questo sentimento mettiamo infatti tanto di noi, le parti più intime, le fragilità, fratture, esigenze.

Ogni relazione segna la storia di un nuovo romanzo privato.

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La scienza dell’amore

Anche se l’amore porta in sé sempre qualcosa di misterioso e inafferrabile, le recenti scoperte nel campo delle scienze delle relazioni sono in grado di svelarci numerosi aspetti di questa potente esperienza.

Ad esempio che siamo più orientati a legarci emotivamente a qualcuno quando siamo eccitati, se ci troviamo in situazioni avventurose o pericolose, oppure se si fanno insieme cose nuove.

Che bisogna abbassare le difese, disinibirsi per connettersi.

Che non sono gli opposti ad attrarsi ma in genere tendiamo ad accompagnarci e a rimanere con persone che ci somigliano, per intelligenza, formazione o aspetto.

Che divertirsi insieme è un collante per la coppia. Che l’impegno – questo forse ci piace meno – è un ingrediente per costruire l’amore, mentre la passione sfrenata non favorisce una relazione sana.

Gli studi sostengono che avvicinarsi fisicamente, entrare nello spazio personale dell’altro aiuta a sviluppare sensazioni di intimità.

Fissarsi intensamente negli occhi inoltre produce un rapido aumento dell’attrazione reciproca, anche tra persone sconosciute.

Guardandosi infatti, ci rendiamo vulnerabili l’uno all’altro, elemento chiave nella costruzione di ogni legame emotivo.

Vulnerabilità nel senso di rivelarsi, esporsi autenticamente, permettere a se stessi di essere chi siamo.

Proponendoci tecniche di affiatamento, di promozione della simpatia e dell’attrazione, la scienza dell’amore sembra volerci insegnare come possiamo acquisire il controllo della nostra vita sentimentale.

Soprattutto ci spiega che l’amore non è una forza oscura di cui si rimane succubi, che non si può vivere felici e contenti senza fare niente.

Riflettendo su alcuni aspetti di noi, possiamo infatti scoprire il potere che abbiamo nelle relazioni, sempre, anche quando ci sentiamo vittime o prigionieri.

La chimica dell’innamoramento

Le moderne neuroscienze ci spiegano inoltre i sentimenti in termini biochimici.

L’innamoramento fa balzare in alto il livello della dopamina, ad esempio, il neurotrasmettitore stimolante di intenso piacere, euforia, eccitazione, iperattività rilasciato allo stesso modo nell’uso di cocaina, anfetamina, nicotina, e coinvolta nelle principali dipendenze.

In questo senso l’amore dà dipendenza oppure è come una droga. Con la tossicodipendenza condivide in effetti molti aspetti come insonnia, perdita del senso del tempo, concentrazione assoluta sulla sostanza, tolleranza, astinenza.

Gli studi della professoressa Helen Fisher, antropologa e ricercatrice, esperta di biologia dell’amore, hanno dimostrato che il cervello innamorato e quello sotto effetto di cocaina, ad esempio, si somigliano molto, attivati dagli stessi mediatori chimici, segnati dagli stessi percorsi neuronali, coinvolti dal medesimo effetto stimolante e stato di coscienza positivo.

Questo dato forse può aiutarci a comprendere la forza di alcuni comportamenti ossessivi tipici degli innamorati, soprattutto di coloro che vengono lasciati.

La dopamina lavora inoltre insieme alla noradrenalina, provocando il classico batticuore. Bassi livelli di serotonina sono invece correlati all’idea fissa dell’altro, al fatto di pensare costantemente al proprio partner, condizione biochimica del tutto simile nel disturbo ossessivo-compulsivo.

L’innamoramento smuove inoltre ossitocina, l’ormone dell’attaccamento, che spinge alla vicinanza e cementa il legame, spronando fiducia ed empatia.

L’ossitocina viene rilasciata durante l’attività sessuale, quando due persone si abbracciano, quando la mamma allatta il neonato.

Alcuni studi sembravano aver indicato la possibilità di un uso terapeutico nelle persone affette da disturbi come autismo o schizofrenia, ostacolate nello sviluppo di rapporti positivi.

Tuttavia la ricerca più recente ha suggerito il lato oscuro di questo ormone perché risulta amplificare anche comportamenti opposti come gelosia, invidia e sospetto. I suoi effetti variano cioè in persone diverse.

Innamorarsi nel suo insieme può essere fisicamente ed emotivamente benefico, riducendo addirittura il rischio di ammalarsi.

Si tratta di un processo gioioso, di affermazione della vita, di una dipendenza costruttiva che non ha bisogno di essere trattata.

Anche se facilmente diventa ambito di sofferenza, pieno di imprevisti e complicazioni…

Brunella Gasperini per Psicologia24